Quando il giovane Paolo Brosio approdò a Milano era come un panetto di Das. Informe. Per farlo diventare un eccellente giornalista aveva bisogno di qualcuno che lo «modellasse». La creta c’era, ma per dargli forma e anima era necessario un bravo «scultore». Il meglio in questo senso si chiamava Emilio Fede: il top del giornalismo catodico. Il mezzobusto che tutti sognavano di imitare. Ma che è rimasto inarrivabile. Nel bene e pure nel male. Un fuoriclasse che per oltre mezzo secolo ha bucato il piccolo schermo con la grandezza del suo ego e la padronanza del mezzo televisivo.
Paolo, il «tuo» direttore se n’è andato per sempre. Un’esistenza entusiasmante e travagliata.
«Dopo la morte dei miei genitori, quello di Emilio è il lutto più devastante della mia vita».
Per la prima volta lo chiami «Emilio» e non «Direttore»...
«Nel corso degli anni il nostro rapporto è andato al di là dell’ambito strettamente professionale. Per me è diventato un secondo padre e io, per lui, un figlio acquisito».
Rimpianti?
«Sì, domani mattina a Segrate nella camera ardente gli chiederò perdono».
Per cosa?
«Per non essere andato a trovarlo nella Rsa nella quale risiedeva da qualche tempo. Da amico, e da cristiano credente, la mia è stata una grave mancanza...».
Lui chiedeva di te?
«Sempre. Me lo ha confermato la figlia Sveva della quale sono un grande amico. Con Emilio ci sentivamo spesso telefonicamente».
Per dire cosa?
«Frasi di affetto sincero, ma non rinunciava a strigliarmi...».
Come ai bei tempi di Mani pulite...
«La mia carriera iniziò con quell’inchiesta. E il meriti fu suo...».
In che senso?
«Con un intuito da segugio capì che l’arresto di Mario Chiesa nascondeva qualcosa di grosso. Mi spedì a indagare. E poi sappiamo quello che venne fuori...».
Grazie a quei collegamenti «movimentati» davanti al Palazzaccio di Milano sei diventato famoso...
«Ripeto: tutto merito di Fede. Se ho fatto 22 programmi televisivi, lo devo alla popolarità che Emilio mi ha regalato».
Ricordi?
«Ci sarebbe da scrivere un’enciclopedia».
Un aneddoto?
«Ero davanti al tribunale e alle mie spalle notai una macchina sospetta crivellata di colpi di pistola. Lo dissi in diretta e Fede, prontissimo, mi disse: “Attento Paolo, potrebbe essere un’auto bomba... Allontanati subito! Ma non troppo... Altrimenti, se esplode, non riesci a inquadrare bene la scena...».
Splendido. Un’altra «scenetta»?
«Durante un collegamento mi disse: “Occhio Paolo, alle tue spalle c’è una faccia sospetta. Sembra un terrorista...».
E invece chi era?
«Peter Gomez, che allora lavorava nel Giornale di Montanelli».
Paolo Brosio: "Fede mi disse: allontanati dall’auto bomba, ma non troppo..."
Scritto il 03/09/2025
da Nino Materi